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“Talvolta, privatosi del fascino della natura, il nostro spirito ha voce solo nell’indifferenza...”
Questo penso ogni volta che guardo un semplice tramonto, un fiore, il lavoro di mio padre.
Come per molti artisti – per artisti intendo ogni persona che ha il coraggio di mettere in discussione se stesso e il proprio operato – ogni lavoro è ispirato da una voce divina, da un lato oscuro della propria memoria, che, noncurante dei nostri punti di vista, appare sotto la semplicistica voce dell’ispirazione. Dovremmo chiederci: “Cos’è l’ispirazione?”
Io non so! Ma l’idea, quel pensiero assillante che si presenta in noi, ogni volta che siamo più spenti, ci domina. Sappiamo - indossando per un attimo i panni umili di un artista – che l’artista ha piena conoscenza delle proprie qualità, e che, per comprenderne i vuoti, percorre spesso le vie silenziose del proprio animo; cerca, si domanda, a volte si arrende, ma infine è sempre quella vocina che ha la peggio. Si presenta sotto la forma di una preghiera – se vogliamo – e ci regala libertà, tempo da dedicare a quella nuvola bianca chiamata “ ispirazione”, rendendoci umili, grati e possessori di un dono, che, presentatosi sotto la voce di un obbligo morale, non si può fare altro che abbandonarvi e concedere tutto ciò che ci viene comandato.
Può sembrare insano e maldestro tutto ciò, ma, possedere una voce interiore che ti obbliga a percorre la propria strada senza la propria volontà, sapendo che si possiede il dono di regalare un sorriso ad un bambino – ho vissuto quest’esperienza di persona - è un ineguagliabile giustizia.
Ho voluto ricreare questa presentazione, altresì stravagante, per rendere omaggio ad un lavoro, da me vissuto in prima persona: quello di mio padre.
Il lavoro del cestaio è vetusto quanto la voglia di mettersi in discussione, e per mia gioia, voglio regalarvi qualche immagine del suo operato.
Questo penso ogni volta che guardo un semplice tramonto, un fiore, il lavoro di mio padre.
Come per molti artisti – per artisti intendo ogni persona che ha il coraggio di mettere in discussione se stesso e il proprio operato – ogni lavoro è ispirato da una voce divina, da un lato oscuro della propria memoria, che, noncurante dei nostri punti di vista, appare sotto la semplicistica voce dell’ispirazione. Dovremmo chiederci: “Cos’è l’ispirazione?”
Io non so! Ma l’idea, quel pensiero assillante che si presenta in noi, ogni volta che siamo più spenti, ci domina. Sappiamo - indossando per un attimo i panni umili di un artista – che l’artista ha piena conoscenza delle proprie qualità, e che, per comprenderne i vuoti, percorre spesso le vie silenziose del proprio animo; cerca, si domanda, a volte si arrende, ma infine è sempre quella vocina che ha la peggio. Si presenta sotto la forma di una preghiera – se vogliamo – e ci regala libertà, tempo da dedicare a quella nuvola bianca chiamata “ ispirazione”, rendendoci umili, grati e possessori di un dono, che, presentatosi sotto la voce di un obbligo morale, non si può fare altro che abbandonarvi e concedere tutto ciò che ci viene comandato.
Può sembrare insano e maldestro tutto ciò, ma, possedere una voce interiore che ti obbliga a percorre la propria strada senza la propria volontà, sapendo che si possiede il dono di regalare un sorriso ad un bambino – ho vissuto quest’esperienza di persona - è un ineguagliabile giustizia.
Ho voluto ricreare questa presentazione, altresì stravagante, per rendere omaggio ad un lavoro, da me vissuto in prima persona: quello di mio padre.
Il lavoro del cestaio è vetusto quanto la voglia di mettersi in discussione, e per mia gioia, voglio regalarvi qualche immagine del suo operato.
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