04/09/06

La fatafarfalla


C’era una volta una fatafarfalla che amava giocare con le nuvole...

Era ancora una piccola fata, ma viveva come se fosse già una regina.
Suo padre, il re Zujothò della città di Jaszelo prevedeva per lei un gran futuro; e per questo motivo l’affidò alle cure del maestro mago Sambishà.
Sambishà, nonostante la vecchiaia, era ancora in gran forma: “E’ merito della sua magia.” si mormorava in città. Lui amava la vita, la buona cucina e adorava aiutare tutti gli jaszeliti con le sue pozioni; talvolta nutriva una profonda passione per l’asselesiana viola: un fiore che fiorisce ogni primavera sotto gli alberi manschù.
L’asselesiana viola, a detta degli jaszeliti, se raccolta ai primi bagliori della primavera, e se fatta seccare all’ombra dell’albero manschù, donava alla pelle la tonicità della fanciullezza: così spiegavano la beltà del vecchio mago.
Un giorno, proprio all’esordio della primavera, il mago mostrò alla fatafarfalla come raccogliere e seccare il fiore.
La fata, stanca per il duro lavoro, si allontanò nel bosco, mostrando, in tutta la sua bellezza, le giovani ali. Volò per svariate coltivazioni di fulguree roshaske – in jaszelito: fiore dell’amore -, assaporò tutto il profumo, finquando non fu colpita dalla vista di un Mangku, maligno roditore delle piantagioni roshaske. La guardò con tale gentilezza, che la fata, sentendosi osservata, scese giù nel campo.

Tu sei la fatafarfalla!” gli disse.
“Si, sono proprio io! Tu come ti chiami?” rispose la fatafarfalla.
“Mi chiamo Hazaleth. Sono il custode delle fulguree roshaske.”
“Ah si! Che lavoro faticoso è il tuo…!”
“Vero!” disse il roditore con voce ingannevole.
“Sono sempre qui. Sto attento agli innamorati che rubano questi fiori!” continuò.
“Tu hai una famiglia?” disse la fatafarfalla.
“No! Odio l’amore...odio tutti quegli stupidi che credono che un fiore possa accrescere il loro amore! Che grande stupidatà è l’amore!” disse il roditore.
“Così non ami l’amore! Io penso che senza amore non può vivere. Sai, io sono innamorata di un piccolo principe.”
“Alla tua età?”
“Io sono grande sai! Io compio dieci inverni e un mese primaverile. Sono abbastanza grande da essere innamorata!”
“Innamorata...! Quali sciocchezze odono le mie orecchie! L’amore non esiste!!!” gridò il roditore, quasi mostrando pena per la fatafarfalla.
“ Non m’interessa, guardiano dei fiori dell’amore. Io...io sono innamorata del mio principe!” continuò la fata.

Il tempo proseguiva accumulando ricordi; la fatafarfalla, sembrò non accorgersene. Non capiva se il roditore la prendesse in giro, o realmente, non aveva mai provato amore per qualcuno. Continuarono a parlare per lungo tempo, finquando, una voce la chiamò.
- “ Fatafarfalla...! Fatafarfalla!” sentì.
Era il mago Sambishà che la cercava.
Il roditore, colto da un senso di paura, cercò di scappare.
Colto da una maligna idea, disse alla fatafarfalla:

E’ vero che tu giochi con le nuvole?”
“Si, mi piace tanto!” rispose la fata.
“Non ci credo! Tu sei capace di far apparire le nuvole? Sei bugiarda!”
“E’ vero, verissimo!”

La fata chiuse per un istante gli occhi; e come per incanto, nel ben mezzo del sereno, creò dei nuvoloni.

Sai far piovere?” disse il roditore.
“Certo!”
“Tu non sai far piovere!”
“Ora ti mostro.”

La fatafarfalla creò in un baleno la pioggia. Sembrò felice, quando dimostrò al roditore quello che sapeva fare.

Sai creare i fulmini?”
“Certo!” rispose la fata.

La voce di Sambishà era ancora lontana; e per questo, Hazaleth continuò a beffarsi della fata. Iniziò a ridere e a prendersi gioco di lei.
La fata era imbarazzata, aveva promesso qualcosa che non aveva mai imparato: ma non demorse. Mormorò varie formule lette giorni prima dal libro delle fate.
All’improvviso, un tuono. Un altro. Infine, dalle nuvole scaturì una luce fortissima.
Fece scoppiare un fulmine, mostrandosi soddisfatta dell’imbarazzo del roditore.
Il vento si mostrò irrequieto, e spostò le nuvole, proprio all’impazzare di un nuovo fulmine; alla vista del vecchio mago.
Il fulmine colpì un’ala della fatafarfalla; lasciando Sambishà impietrito.
Il roditore scappò, lasciando la fata recisa del suo futuro – non poteva più diventare la regina di Jaszelo -.
Sambishà la curò; ma, neanche le sue formule magiche poterono contro la sventura della fatafarfalla.
Il mago pensò di nasconderla.
Passarono mesi; giunse l’età autunnale delle stagioni, e il re Zujothò prese, a battito d’ali, il viaggio per rivedere la figlia.
Il mago cercò di nascondere la verità; ma la menzogna ha sempre vita breve.
Il re, stanco del perseverare del mago, non vide altra scelta, che dimostrare il suo potere di re.
La fatafarfalla uscì da una porta, dietro la casa del mago. Era ancora priva di un’ala; e nessuna magia, sarebbe riuscita a ridargli.
Il re la guardò e disse: “ Lei non è mia figlia! Non è la futura regina di Jaszelo!”
A niente servirono le lacrime della fatafarfalla, e le parole del vecchio mago.
Il re volò via, coperto da quelle nuvole che gli avevano fatto perdere l’amore di sua figlia.
La fatafarfalla, nonostante il grande affetto che aveva per il padre, smise di piangere; si mostrò estranea a tutto ciò che era accaduto. “Infondo è solo un’ala!” pensò.
Scappò dalla casa del mago.
Camminò come non aveva mai fatto, incontrando elfi, orchi e tutte le creature dei boschi, finora mai incontrate.
Visse per vari inverni in piena solitudine; finquando non si ritrovò davanti alla sua vecchia casa: il castello del re Zujothò.
Vide il padre, oramai vecchio, appoggiato vicino ad un albero che osservava il cielo.
Il re la vide e disse: “ Tu sei la nostra regina!”
Lei cominciò a piangere, assaporando il sapore delle sue stesse lacrime.
Abbracciò il vecchio padre...
Ancora oggi, dopo tanti anni di regno, la fatafarfalla, ricorda le lacrime del re e l’infuso d’asselesiana viola che bevvero quel giorno.
Il re morì un anno dopo, e la fatafarfalla, regnò a Jaszelo con il piccolo principe che aveva abbandonato, fin dal tempo dello sfortunato incontro di Hazaleth.
La fatafarfalla, fu la prima regina di Jaszelo, ad aver avuto l’affetto del suo popolo, anche se possedendo una sola ala.



6 commenti:

Anonimo ha detto...

Bellissima questa favola ed il messaggio che trasmette. Toccante il finale perchè è l'affetto ed il bene a prevalere.
Una lezione di vita regalata a tutti grazie all'abilità di trasformare in parole le emozioni. Un abbraccio Stefania

Anonimo ha detto...

Una bellissima favola..mi ci sono immersa..tra fate e piccolo popolo.
Descrivi con maestria i boschi ed i sottoboschi e sento il profumo.
Un abbraccio e donaci spesso di queste meraviglie.
Un bacio

Anonimo ha detto...

Bravissimo.

Miss

Anonimo ha detto...

Wow, fantastica!
Serj

Anonimo ha detto...

E' uno splendore questa tua favola... una metafora splendida... l'amore vince sempre quando non si è troppo orgogliosi per capirlo...

un bacio a forma di farfalla e un abbraccio
Buona domenica
Gio

Raffaele Innamorato ha detto...

& Stefy71
Sono sempre più vittima della tua criticità: dolce e piena di stima. Grazie Stefania. Baci.

& Stergalunare
Dalila, ci proverò. Baci.

& Missmidnight
Grazie, mia cara Miss. Baci

& Serj
Serj Grazie.

& Blu
Per Natale Paolo...è il mio regalo di Natale! :-)

& Gio
E’ SempreGio! Grazie per il tuo bacio a forma di farfalla e per il commento!


Buona domenica a tutti. Raf.

 
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